Archeologia

Ultima modifica 12 settembre 2023

La Baronia è una zona molto interessante dal punto di vista archeologico in quanto sono numerosissimi i monumenti che esistono ancora oggi nelle sue campagne, anche se taluni sono andati distrutti o sono in cattivo stato di conservazione. In territorio di Galtellì è noto il nuraghe ''Su Cardu'', tombe di giganti, delle quali una delle più suggestive è la Pietra Ebraica o pietra del sacrificio, in una località tra Galtellì e Loculi, nel cui territorio c'è un altro monumento chiamato «Preta Lata».
Ad Irgoli esistevano e ci sono tracce evidenti di nuraghi in località «Porthòlu Piras», «Zorru» e in «Ortola», dove esistono anche diverse domus de janas che testimoniano la presenza di antichissimi abitatori; infine bellissimo e grandioso è il nuraghe di «Osàna» in agro di Onifai.

In queste zone rimangono tracce dell'attività litica e della lavorazione del bronzo, scoperta quest'ultima che autorizzò lo Spano a sostenere che nell'età del bronzo era già diffusa in Sardegna l'industria mineraria. Il prof. Carlo Maxia in «Breve Storia della Sardegna», scrive: «Stazioni neolitiche sarde meritano di essere menzionate nell'isolotto granitico di S. Stefano, nell'Arcipelago della Maddalena, nell'Isola calcarea di Tavolara, sul Monte Albo, sul monte Majore di Thiesi e alla Grotta Verde a Capo Caccia, alla Grotta del Marinaio a Cala Ilune, Golfo di Orosei».

«I neolitici sardi che derivano razzialmente dalla penisola Iberica e dalla penisola di Italia (Liguria) e che presentano quindi un quadro culturale corrispondente in queste regioni, forse non formano veri e propri villaggi nell'isola la cui caratteristica a isole geografiche, ha condizionato il carattere etnico fondamentale dei suoi abitanti, tendenti all'isolazionismo e all'individualismo di gruppo: i neolitici sardi, divisi in clan e in gruppi familiari, non riuscirono mai ad evadere oltre l'orizzonte del limitato ambiente in cui si erano insediati, senza una visione organica ed univoca delle correnti di civiltà esterne: furono facile preda degli invasori dolicocefali, cioè a testa allungata, e «brachicefali», cioè a testa rotonda, che seguirono ad ondate successive e che con l'avvento della conoscenza del rame portarono una vera rivoluzione in questo mondo sostanzialmente statico, con residui sociali ed economici arcaici.

Questo spiega perché la popolazione preistorica sarda continuò a presentare anche nel periodo successivo, cioè quello eneolitico, caratteristiche di eterogeneità dimostrabile soprattutto nella popolazione maschile (Maxia e Fenu 1963).
Nell'opera il Lilliu scrive: «I pochi resti archeologici, che fino ad oggi, ci danno testimonianza del cosiddetto neolitico antico, il periodo di civiltà sinora considerato il più remoto in Sardegna, dal 2000 al 1500 a.c., ci suggeriscono l'immagine di una società primitiva, con un'economia magra e stentata. La natura dei terreni raggiunti dai primi coloni, è apparsa «meno repulsiva in un paesaggio naturale, tuttavia meraviglioso, nel Gologone di Oliena e lungo la valle del Cedrino, dove un pugno di uomini della stessa gente neolitica pose dimora e tomba in un anfratto angusto, detto del «Rifugio», ricavato in una cavità di calcare giurese.

Espressione di questa società rurale e pastorale è il culto della madre, del bue, del toro, figura dell'agricoltura evoluta, l'aratro che diventa il partner della «Terra Madre» cioè della Dea Madre, e come questa, protegge vivi e morti. Il dio maschio e padre si riconosce per segni diversi. Talvolta è simbolizzato da grandi pietre verticali appuntite, i cosiddetti «menhirs», di evidente carattere fallico.
Qualche esemplare di «menhirs» esisteva fino a qualche tempo fa in territorio di Loculi. Purtroppo è stato asportato da ignoti e con essa è scomparsa un'altra reale testimonianza della presenza di stazioni neolitiche nella valle del Cedrino e del suo affluente, il Sologo.

Lo Spano nella relazione delle scoperte archeologiche fatte in Sardegna nel 1872, diede notizia del rinvenimento di un conio di armi in località «Ruinas» in agro di Irgoli. «In questa località, distante dal paese un mezzo chilometro circa, si ha per tradizione che vi esistesse una città appellata «Dori Mannu». In essa, anni orsono, fu trovato da un contadino un deposito di armi e strumenti di bronzo. «In quel sito, quasi ogni anno, si scoprono dei pozzi e delle fondamenta di case e giare con vasi sepolti in quantità».
Analoga scoperta è stata fatta anche recentemente in regione S. Antioco, dove sono stati trovati addirittura dei bronzetti nuragici e monete antichissime (Un Iscusorju).


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